Smart Life Table
Sono sempre stata piuttosto pigra, e portarmi dietro una macchina fotografica era per me un vero tormento. Poi arrivò lo smartphone e mi semplificò la vita. All'inizio, le fotografie avevano una qualità simile a quella delle toy camera, immagini sgranate e poco definite, ma con il tempo migliorarono.
Arrivarono le app di editing, poi i social, e oggi viviamo già nel futuro della fotografia mobile.
Uno dei primi temi di ricerca che affrontai fu l'archiviazione di questa produzione di immagini ipertrofica. E in un'epoca in cui produciamo immagini in quantità mai viste prima, la sfida è proprio questa: dare un senso a questa collezione infinita.
In un primo momento, salvavo le foto su hard disk, come facevo con le immagini scattate con le macchine fotografiche tradizionali.
Poi nacquero le piattaforme di archiviazione online, inizialmente gratuite, come Google Photos e altre, che ci permisero di conservare tutto senza pensieri.
Tuttavia, ritrovare le foto non era affatto semplice.
Con l'arrivo di Instagram e delle prime community fotografiche, mi resi conto che senza hashtag, tag, etichette (che non esistevano) le immagini rischiavano di perdersi in un flusso infinito.
Fu allora che concepii il concetto di "Gange", un fiume dove le immagini morivano continuamente, e nacquero così lavori come Liquid Eyes (link).
Istallazione al Casolare Arte Siena
Da quel momento, la gestione della memoria digitale divenne più semplice grazie agli strumenti di categorizzazione e riconoscimento offerti dalle piattaforme stesse.
Oggi, con l'intelligenza artificiale, possiamo recuperare quasi tutto con una semplice ricerca, ma all'epoca la situazione era ben diversa.
Rimane il fatto che nelle nostre gallerie l'archiviazione non è sempre organizzata, anzi. Inoltre, nei giovanissimi privi di grandi archivi online, la selezione avviene cancellando le vecchie fotografie e lasciando le nuove. Quindi in futuro di chi avremo memoria? Come sempre dei ricchi.
Inoltre, c'è sempre il problema dell'energia, dei blackout, che Musk ci ricorda spesso.
Guardando indietro nel mio archivio digitale, mi sono chiesta: come posso salvare la mia memoria senza necessariamente stampare tutto? Adesso la stampa fa parte del mio processo, ma la domanda rimane.
Scorrendo la galleria fotografica del mio smartphone, mi resi conto che l'insieme delle immagini, viste nel loro complesso, creava un'altra immagine.
Un mosaico, una "tavola", un riassunto visivo dei miei momenti. Amo spezzettare, amo riunire i frammenti, sono quasi degli stilemi nel mio lavoro certo, ma qui c'era altro.
Fu un'intuizione: iniziai a catturare screenshot delle schermate delle mie app fotografiche, raccogliendo queste "composizioni" spontanee. Come sempre, quando non comprendo subito il senso di ciò che sto facendo, lascio che il tempo sedimenti le idee, anche anni. Da questa riflessione nacque il progetto Reshots, in cui ho iniziato a ragionare sulla relazione tra digitale, virtuale e memoria (link).
L'anno scorso, mentre lavoravo a Inconsci Toccabili e cercavo ispirazione tra i miei progetti in sospeso, ritrovai quelle composizioni. L'impatto fu forte: mi piacevano e, proprio come in Liquid Eyes, riportavano alla luce ricordi ma non solo, ero davanti a un sunto di periodi storici che tra l'altro erano cambiati in fretta.
Mi chiesi: sono una sorta di album digitale sociale? E se le stampassi?
Ho iniziato a sperimentare con la stampa, creando piccoli libretti, ma il risultato non mi convinceva. Su carta sembravano perdere qualcosa. Forse dipendeva dal supporto: la carta opaca 20x30 non funzionava. Così, lavorando su Inconsci Toccabili, pensai che forse il formato doveva essere più piccolo. Ho già inviato in stampa alcune immagini 10x25 e vedrò cosa ne uscirà. Magari proverò a creare un album o un libro fotografico... forse è il tatto che manca, non so ancora.
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Smart Life Table: Londra, Io e Anna non ci siamo mai state insieme. 2016 |
Queste immagini hanno un duplice valore: uno personale, legato ai miei ricordi, ma anche uno sociale e culturale. Non si tratta solo di un archivio autobiografico: nei miei archivi digitali c'è di tutto, dai reportage di eventi alle ricerche su app, fino a frammenti di vita quotidiana. Non è street photography, non è solo narrazione personale, è un mix che riflette il nostro tempo.
Joan Fontcuberta afferma che "oggi la fotografia non serve più a ricordare, ma a comunicare nell'istante stesso in cui viene prodotta". Io, invece, provo a restituirle una funzione di memoria.
La mia ricerca sottolinea come l'atto di fotografare sia un modo per costruire un archivio visivo della nostra esperienza fotografica oggi. Geoffrey Batchen nei suoi studi degli archivi sostiene che "la fotografia non è solo memoria, ma un atto di costruzione della memoria".
Nel mio lavoro, mi interrogo su come organizzare, dare senso e trasformare questa enorme quantità di immagini che raccogliamo quotidianamente attraverso gli smartphone.
Il mio concetto di Smart Life Table, la creazione di tavole visive e la riflessione sul valore della stampa vanno proprio in questa direzione: non si tratta solo di accumulare immagini, ma di dare loro una struttura, una narrazione, una memoria tangibile, recuperando la fotografia espansa dal flusso digitale e restituendole una dimensione oggettuale riflettendo sull' idea di André Gunthert che parla di "fotografia espansa", dove le immagini digitali non esistono più come oggetti, ma come flussi.
La fotografia digitale ha reso il mondo iper-accessibile e documentabile, ma il vero nodo è come preservare e interpretare questa documentazione in un modo che abbia significato personale e collettivo.
Come scriveva John Berger in Questione di sguardi: "La fotografia è (soprattutto oggi, aggiungo) una sorta di tassidermia del tempo".
Intanto, ho iniziato a pubblicare alcune tavole su Instagram per vedere che effetto fanno. Vediamo dove mi porterà questa ricerca.
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Smart Life Table: Io e Alessandra sappiamo ancora sognare. Villaggio della birra 2016 |
E sto affrontando il tema dei Titoli... Come per i Reshot sono titoli estemporanei, nascono nel momento della pubblicazione, poi inserisco data e luogo che risultano dagli archivi.
Roland Barthes, in La camera chiara, rifletteva sul valore affettivo delle fotografie: "Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta".
E forse è proprio questo il nodo: come preserviamo ciò che è stato, in un flusso digitale che sembra annullare la memoria stessa?
NB La tassidermia è l'arte di preservare, mediante tecniche specifiche, il corpo di animali morti per conservarne l'aspetto il più possibile simile a quando erano in vita. Questo processo viene utilizzato per scopi scientifici, educativi, decorativi o museali.
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Smart Life Table: VaRu sopravvive ee si mette gli occhiali Teatro Buonconvento 2016 Vj e danza |
Biblio
Questione di sguardi, John Berger
La camera chiara, Roland Barthes
Vilém Flusser, Per una filosofia della fotografia
André Gunthert L'immagine condivisa. La fotografia digitale